Recentemente abbiamo visitato la splendida Reggia di Caserta e i suoi imperdibili giardini, ma possiamo giurarvi che il vicino borgo di Casertavecchia non è da meno: ci ha lasciato semplicemente senza parole. Le ha trovate per noi Aldo, con il quale abbiamo condiviso l’intatto fascino medioevale di questo borgo incantato.
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Casertavecchia (in antichità denominata Casam Hirtam che sta per “villaggio posto in alto”) è il borgo medioevale di Caserta, sito alle pendici dei monti Tifatini, a circa 10 km a nord-est rispetto all’abitato della città, di cui ne costituiva il centro fino a quando la costruzione della Reggia voluta dai Borbone indusse la popolazione e le relative attività al trasferimento nell’attuale Caserta, sugellandone l’abbandono e la conseguente decadenza. Nel 1960 viene dichiarato monumento nazionale per le sue caratteristiche storiche e artistiche.
Giungendovi non è possibile accedervi in automobile se non si è residenti, è dunque opportuno parcheggiare ai piedi del borgo presso i parcheggi custoditi alla tariffa unica di 2€.
Ci si trova di fronte ad una breve salita che attraversa una piccola pineta, alla cui fine è ubicata una delle varie zone dalle quali è possibile godere di uno squarcio del Golfo di Napoli, in particolare può osservarsi panoramicamente la città di Caserta (Reggia compresa) disposta in piana con il Vesuvio a fare da sfondo, beneficiando di un mix tra antropizzazione e paesaggio naturale, ancora più evidente e suggestivo in notturna.
Nella medesima zona si è prossimi alle rovine del castello, nel cui cortile si svolgono da qualche tempo spettacoli teatrali e musicali in occasione dell’annuale rassegna denominata “Settembre al borgo”. Sorto a guardia dell’antico abitato, il castello presenta una distribuzione planimetrica irregolare, in particolare è possibile osservare i resti della cinta muraria e delle torri quadrangolari, mentre appare meglio conservato il grosso mastio circolare, tra i più grandi d’Europa, dalla base in pietra, alto circa 30 metri e di diametro quasi pari a 20 metri. Tale torre si presenta priva di porte, con ogni probabilità era accessibile dall’esterno attraverso un ponte levatoio che la collegava al castello, tuttavia questa difficoltà d’ingresso ha dato luogo alla leggenda che vuole che all’interno della torre sia custodito un tesoro.
Visto il castello si può di fatto accedere al borgo attraversando la Porta della Torre, iniziando a respirare un’atmosfera medioevale, avvalorata dal generale buono stato di conservazione delle architetture originarie. Dopo pochi metri si giunge alla Chiesa dell’Annunziata, in stile gotico, sulla cui facciata spicca un rosone sovrastante tre monofore ogivali, mentre internamente è costituita da una sola navata. Proseguendo si passa sotto gli archi di un campanile giungendo in Piazza Vescovado, dalla quale si può ammirare la Cattedrale con annessa l’appena citata torre campanaria, costituenti il Duomo di San Michele Arcangelo. La facciata appare elegante e presenta figure di animali simbolici con porte e finestre poste in risalto da cornici di marmo bianco. L’interno è particolarmente suggestivo, costituito da tre navate separate da diciotto colonne romane con capitelli corinzi; vi sono presenti lapidi, sepolcri ed antichi mosaici.
Dopodiché non resta che completare la visita del borgo inoltrandosi tra le numerose viuzze caratteristiche in stile siculo-normanno, poco intaccate dalla umana smania cementizia del dopoguerra sfogatasi altrove. Esse dunque mantengono la propria rusticità, e consentono di ammirare i portali in pietra o tufo con qualche incisione, le tradizionali buche delle lettere e qualche dimora abbellita da composizioni floreali, è anche possibile scorgere altre zone panoramiche. Ci si trova immersi in un silenzio interrotto solo da qualche abbaio o miagolio, che se da un lato può apparire triste e assordante, dall’altro alimenta l’immaginazione anacronistica della vita da borgo, cioè un pezzo di patrimonio storico-identitario delle popolazioni locali.
Infine, dato che anche lo stomaco vuole la sua parte, quando durante la sgambata si comincia ad avvertire quel lieve languorino provocato dalle salite e dell’aria di collina, ci si può ristorare presso una delle tante taverne e osterie che servono piatti tipici della cucina “povera” casertana, tra cui spiccano la parmigiana e l’immancabile mozzarella di bufala; in alternativa tempo permettendo ci si può anche organizzare per un bel picnic.
3 Comments
vikibaum
Aprile 19, 2016 at 7:04 pmvero caserta antica è uno spettacolo…
INtripPANDO
Aprile 19, 2016 at 8:03 pmUna bellissima scoperta
vikibaum
Aprile 19, 2016 at 8:45 pmassolutamente sì, l’ho preferita alla reggia